Trieste - Piazza San Giovanni e Via Matteo Renato Imbriani

Piazza San Giovanni: Denominazione ottocentesca suggerita dal nome dell'acquedotto romano, detto di San Giovanni perché percorre la omonima vallata, il cui tracciato originariamente attraversava questo sito raggiungendo, più oltre, l'attuale piazza dell'Unità d'Italia. Con Delibera del Podestà d.d. 5.3.1938 si decise di mutare il nome di piazza San Giovanni in quello di «piazza Caduti Fascisti»; questa nuova denominazione venne soppressa con Delibera Commissario Prefettizio numero 648 d.d. 4.9.1943 (conf. Del. Pres. numero 407 d.d. 6.7.1946).

Monumento a Giuseppe Verdi; Opera dello scultore milanese Alessandro Laforet, la sua collocazione era originariamente prevista sotto il portico del Teatro Verdi e pare che questo sia uno dei motivi per cui il compositore è raffigurato da seduto, Fu collocata invece in piazza San Giovanni il 27 gennaio 1906. Trieste fu la prima città a ricordare degnamente Giuseppe Verdi dopo la sua morte, sia per lo stretto rapporto che Verdi aveva avuto con la città (qui avvevve la prima assoluta dell’ opera “Il Corsaro” ), sia per il significato irredentistico di alcune sue note.
Originariamente in pietra, la statua fu rifatta nel 1920 perché aveva subito dei gravi danneggiamenti provocati dai Triestini filo austrici per rappresaglia contro la dichiarazione di guerra dell'Italia il 24 maggio 1915 all'Austria nella Prima Guerra Mondiale. La nuova statua bronzea, sempre dello stesso autore, documentata anche da un suo schizzo, fu creata con la fusione di cannoni austriaci preda bellica. Sul basamento in pietra è visibile l'iscrizione: <<Eretto nel marmo dalla fede dei cittadini il XXVII gennaio MCMVI distrutto da odio nemico il XXIN' maggio MCMXV volle il comune che qui risorgesse nel bronzo il XXIV maggio MCMXXVI>>

Sopra e a sinistra. Palazzo Diana: IlPiazza San Giovanni ; Via delle Torri ; Via San Lazzaro - Il palazzo sorge nel luogo dove nel 1790 c'era l'antico edificio dei bagni. Tra il 1878 ed il 1882 l'architetto Enrico Holzner costruì questo edificio per il commerciante Filippo Diana.
Nel palazzo Diana, nei locali della Immobiliare s.p.a. di Roma, nel 1948 si installò la sezione provinciale della Democrazia Cristiana, che occupò tutto il secondo piano dell'edificio.
Nell'atrio dell'edificio è posta un'epigrafe recante l'iscrizione: " Demolito il preesistente, inclusa la casa N.T.935 di Andrea Griot con le cinque torri che diedero il nome alla via. Costruito nel 1878 con i disegni di Enrico Holzer per Filippo Diana, sopraelevato a quattro piani nel 1950 con i disegni di Aldo Maria Scorcia, per Mario Diego. Questo palazzo fu dichiarato di valore artistico e storico con Decr. Min. della Repubblica Italiana il 12 giugno 1959".
Il decreto di vincolo riporta la seguente motivazione: "trattasi di notevole edificio con ricco svolgimento di forme cinquecentesche costruito fra il 1878-1883. Autore l'arch. Enrico Holzner." (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Edificio a pianta quadrata, si compone di quattro piani fuori terra più soffitta abitabile. Presenta quattro affacci: il principale si trova su Piazza San Giovanni. I fronti laterali e quello postico, su via San Lazzaro, sono caratterizzati da analogo impianto architettonico. L'alto piano terra ad arcate e il primo piano sono trattati a bugnato rustico a fasce orizzontali. Mensole a voluta, poste in corrispondenza della chiave di volta di ogni arcata, sostengono la cornice marcapiano che delimita il primo piano. Le finestre del primo piano, riquadrate, presentano un concio a voluta al centro della trabeazione superiore. La superficie del secondo e del terzo piano è trattata a bugnato liscio. Le finestre del secondo piano sono sormontate da cimase curvilinee, quelle del terzo piano sono riquadrate con concio al centro della trabeazione. Sotto il cornicione del tetto un fregio a bassorilievo intervallato da finestrelle si ripete sui quattro lati dell'immobile. La tripartizione delle facciate è evidenziata dalle due porzioni laterali, leggermente aggettanti, con coppie di lesene corinzie di ordine gigante che comprendono una finestra coronata da cimasa curvilinea con finta balaustra in pietra e una finestra riquadrata. Sulla facciata su Via San Lazzaro, un balconcino in pietra sovrasta il portale d'ingresso principale. La facciata prospiciente piazza San Giovanni presenta una parte centrale aggettante caratterizzata da un balcone sopra al portale e da una lunga balaustra all'altezza del secondo piano, con tre balconi, al centro e ai lati. Sul balcone centrale si impostano quattro semicolonne di ordine gigante con capitello corinzio. Lesene intervallate da finestre scandiscono la restante parte della facciata. La parte centrale della facciata è coronata da un timpano curvilineo. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it)

Al pianterreno del palazzo Diana c'era il "Modernissimo Teatro-Cine" inaugurato l'11 febbraio 1920, dove venivano proiettati film di prima visione, con apparecchiature d'avanguardia. Era fornito di tre lussuose sale d'aspetto. Si tenevano con orario continuato, mostre d'arte, nelle quali esposero i pittori: Bolaffio, Grimani, Lucano, Sofianopulo, Flumiani ecc. (fonte:il libro "I cinematografi di Trieste", opera di Dino Cafagna)


A sinistra: Palazzo Morpurgo: Via Matteo Renato Imbriani 5 - Nel 1870 le sorelle Emma e Fanny Mondolfo, coniugate con i fratelli Carlo Marco e Giuseppe Morpurgo, acquistarono gli stabili intavolati sub n. 839 e sub n. 840.
Demoliti gli edifici, nel 1875 l'architetto Giovanni Berlam progettò per Carlo Marco morpurgo un palazzo di sobrie ed eleganti forme neorinascimentali.
Emma Mondolfo testò la propria quota a favore della sorella. Nel 1938 la proprietà passò ai figli di Fanny Mondolfo i quali, alla loro morte, lasciarono le rispettive proprietà al Comune di Trieste. Nel 1943 Palazzo Morpurgo fu donato al Comune di Trieste per volontà testamentaria di Mario Morpurgo de Nilma.
L'appartamento al primo piano fu adibito nel 1950 a Museo del Risorgimento e a quello di Storia Patria. Nel 1952 divenne sede della Collezione Stavropulos e dal 1991 sede provvisoria del Civico Museo teatrale "Carlo Schmidl".
L'appartamento al secondo piano, con tutto il suo mobilio, ospita il Civico Museo Morpurgo. Rappresenta uno splendido esempio di casa borghese arredata in diversi stili storici che testimonia la Wohnkultur, la cultura dell'abitare, dell'alta borghesia e della nobiltà triestina dell'ultimo quarto dell'Ottocento.

L'edificio, a planimetria quasi quadrata, è caratterizzato da sobrie forme neorinascimentali. Presenta due affacci: il principale su via Imbriani, ed uno su via Mazzini. Le facciate si sviluppano su quattro piani e sono caratterizzate da un pianoterra a bugnato nel quale si aprono ampi fori commerciali, mentre i piani superiori sono decorati da semplici cartelle e mensole sotto le finestre architravate con tettuccio. Il prospetto su via Mazzini presenta due balconcini al primo e al secondo piano. La facciata su via Imbriani è caratterizzata da un portale ad arco a tutto sesto, sormontato da due balconi con parapetto balaustrato, sorretti da mensoloni a volute. La parte centrale della facciata, lievemente aggettante, è decorata con quattro lesene a finto bugnato, che comprendono i tre livelli superiori dell'edificio. Le facciate culminano con una serie di mensole ad apparente sostegno dello sporto di linda. (da: biblioteche.comune.trieste.it)

Via Imbriani 7: L'edificio venne realizzato nel 1838 su progetto dell'architetto Carlo Marchini. Costruito in via Imbriani, già via San Giovanni, è un tipico palazzo in stile neoclassico. Nel 1914 venne modificata la facciata al pianterreno. A lato del portale d'ingresso è collocata un'epigrafe che ricorda la nascita del giornalista triestino Silvio Benco, avvenuta in questo edificio il 22 novembre 1874. (da: biblioteche.comune.trieste.it)
Silvio Benco (Trieste 1874-1949) - Giornalista e scrittore la cui pregevole attività letteraria durata un sessantennio è testimoniata nella bibliografia di oltre 4500 titoli pubblicata a cura di Sauro Pesante nel 1950. Figlio di Giovanni, che nel 1869 con Carlo Buttazzoni aveva dato vita alla seconda serie dell’Archeografo, esordì come conferenziere alla Minerva poco più che ventenne, “mostrando già allora – come scrisse Attilio Gentile – le unghie del leone”, ed entrò nel Consiglio direttivo alla fine degli anni Venti del secolo scorso. Con i resoconti pubblicati sull’ Indipendente e sul Piccolo, ne seguì puntualmente l’attività (memorabile l’articolo dedicato alla sua storia pubblicato in occasione del centenario). La Società rinnovata lo acclamò Presidente onorario nell’Assemblea generale del 10 maggio 1947 e nel 1950 si fece promotrice dell’apposizione di una lapide (con epigrafe dettata da Gentile) sulla casa natale in via Imbriani, 7. (societadiminerva.it)


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